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UN’ALBA DA MIA MADRE Dal balcone della mia casa, 17 marzo attorno alle sei Vito Teti
Autore:     Data: 30/04/2019  
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Data: 31/12/2006 - Anno: 12 - Numero: 4 - Pagina: 35 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

POESIE

Letture: 1245               AUTORE: Autori vari (Altri articoli dell'autore)        

(Giusto impegno assunto con i lettori, ripubblichiamo la poesia di Tota Gallelli il cui testo, per un errore tecnico, è apparso incompleto nel n° 3/2006, pag. 25)

MAIU FICIA UcIURI E GIUGNU EBBA U NURI
Pajìsi meu, portàvi primèra
pe fatìga, ngegnu e gran mastrìa,
mo restàsti annegàtu nta lumèra
ca mandàsti i figghi ahr1a stranìa.
’Sti figghiòli tu i vitti nescìra,
rosi e gigghj vidìsti sbuttunàra,
sempa cchjù ricchi ’e tantu sapìra,
’e garbu, virtù e de moràla.
A pocu a pocu li vitti partìra,
cu cuntègnu trattìnni lu chjantu,
cu a spirànza u mi vidi venìra
cu tantu nuri e mu ti fai vantu.
Chi allegrìa, chi festa chihr1u misi,
ci tornavan’u ti fannu nu salùtu,
ahr1a marìna, ahr–1a muntàgna, ahr1u pajìsi,
na ventàta ’e primavèra avìa venùtu.
Passàsti anni faticùsi e duri
u porti i scigghjùni àrbari arti,
quand’i frutti si fìciaru matùri
ad attru vitti linchjra li sporti.
Tu avìsti lu vantu, attru lu nuri,
tu l’addùri do ciuri attru a ricchìzza,
e lu risu toi d’amàru ebba sapùri,
pe curpa ’e cu’ tena la capìzza.
Penzi notta e jornu ’sti figghjòli
chi do ritòrnu non cèrcanu la via,
para ca nci mìsaru i tagghjòli,
para ca nci ligàru a fatturìa:
nci fìciaru mu pèrdanu l’amùri,
e tu perdìsti a fidi e hr1a spirànza,
e non ha’ forza u preghi cchjù u Signùri
pe lu ritòrnu de la figghjolànza.
Pajìsi meu asciùttu e struncunàtu,
chi nda facìsti ’e ’st’affriggìra tantu?
Mo, pe non parìssa ca si’ scunzulàtu
cittu, cittu ti nghjutti lu chjantu.

Tota Gallelli
(Ed ecco qui di seguito altre cinque poesie, tutte ricche di nobili messaggi, che siamo lieti di potere ospitare in questo spazio.)
NOSTALGIA

Mai dimenticherò paese amato tra lo stormir di foglie verdeggianti.
i colori radiosi e mattutini dei tuoi boschi, Rorido annuso la brezza mattutina
delle valli fiorite e profumate. sparsa nell’aria con fragor pomposo
Mi ritrovo affacciato alla finestra da una sorgente d’acqua cristallina.
dove fu casa della nonna mia. Intorno pulsa una magìa d’odori
Rivedo i monti, risento cinguettare gli uccellini son gelsomini bianchi e malvarosa.

Enzo Spagnolo

CLANDESTINO

Attendere
nel gelo d’una stiva
col sogno
d’una terra e d’una riva.
Sperare ancora
mentre infurian l’onde.
Sentirsi poi
da vivo sprofondare:
per tomba
il cargo,
per cimitero
il mare.

Pino Durante
(da “Miscellanea” - Maggio 2006)

NATALE 2006

Voglio un sogno
- Signore che rinasci -
per riappropriarmi
dei segni del Natale
di quel lontano tempo
ormai scomparso.
Bianca ed intensa
la luce del mio sogno
per annullare orrori
ed empietà
e dare un senso
alle illusorie attese.
Non un castigo
per l’agitata mente
ma la carezza del buio
e del silenzio.
E niente più speranze:
figlie sterili
di quell’ordito
d’astruse fantasie.
Sì, voglio un sogno
per non svegliarmi più

Vittorio Sorrenti

Passeggiata solitaria

Piccola strada tra le siepi in fiore Arrivo fino in fondo e son felice
all’ombra delle querce secolari, ammirar la pianura e la pendice,
quasi ogni sera mentre il sole muore e la luna apparire sopra i monti
per te muovo i miei passi solitari. nell’incanto di limpidi orizzonti.

Francesco Servello
“A MIA MADRE”
Porta il tuo volto i segni di tante primavere,
i tuoi capelli bianchi raccontano ansie e bufere,
ed i tuoi occhi parlano, a chi ti vuol capire.
Coltivi dentro il cuore la Fede con ardore,
si specchia, nel tuo volto, tutto l’uman dolore.
Sei stata, con orgoglio, madre e figlia,
guidando con fierezza la famiglia.
Io percepisco il grido tuo struggente
che il cuore mi strazia ogni momento,
ma il lavoro mio è così stressante
che non consente di lenir il tuo lamento.
A tal pensiero lo sconforto mi assale
e, con animo sofferto, chiedo perdono,
la mia Preghiera all’ALTISSIMO sale
e nell’abbraccio tuo io m’abbandono.
Non serve portar lacrime all’ammasso,
girare vagamente attorno al vento...
portare il dispiacere come un masso
e ricordare sempre un sogno spento!!!
Ma come sopportar un gran dolore?
La mia risposta è, purtroppo, amara...
Bisogna cancellar ogni rancore...
ma la felicità è molto rara!!!
Tu, mia guida, indicami la Via,
onde evitar, così, la nostalgia.
Tu vinci il tempo ed incarni la saggezza,
e nel passato che mi sovviene in mente,
tu resti il ricordo di giovinezza,
che nella vita mia è ognor presente.
Il cielo ti sorride, il sole ti accarezza,
accanto a te, tutto intorno, svanisce...
m’invade, una piacevole ebbrezza
ed ogni tristezza, in me, si assopisce.
Perchè svegliarmi? Lasciatemi sognare!
Voglio restare stretta alla mia mamma
e restituirle i tanti baci avuti,
e poter placare l’ardente fiamma,
di ideali grandi ma insoluti.
Voglio pensare ai tempi, ormai lontani,
quando ho creduto all’ESSERE DIVINO,
a quei Valori che non sono vani,
e alla certezza di riaver, Lassù, l’amor vicino.
Mamma, sei tu la luce che m’irradia il giorno
e l’approdo ad ogni mio affanno;
sei tu il mio pensiero ed il mio bene
ed il conforto che allontana le mie pene.
Accogli dentro te: l’alba ed il tramonto,
dove si placa questo mio tormento,
dove regna un angolo di pace
e dove ogni egoismo, tace.
Tu, Mamma, sei gioia e poesia,
sei l’essere più sublime della terra,
infondi sempre, dolcezza ed armonia
e ricusi di lottar, qualsiasi guerra.
Il tuo insegnamento, voglio gridar forte:
l’AMORE vince, ovunque, anche la MORTE.
Badolato, 8 aprile 2006


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